Illeciti Aziendali – Il lavoratore è tenuto a sporgere denuncia?
Cassazione: il lavoratore che denuncia illeciti della propria azienda non può essere licenziato.
E’ illegittimo licenziare il lavoratore che denuncia fatti illeciti che si sono verificati in azienda senza preavvertire il datore, in quanto il dovere di fedeltà previsto dal codice civile non può diventare “dovere di omertà”. Lo afferma, con la Sentenza n. 6501 del 15 marzo 2013, la Corte di Cassazione che ha preso in esame il caso di un lavoratore licenziato per aver presentato un esposto alla procura della Repubblica di Napoli in merito ad alcune irregolarità relative ad un appalto per la manutenzione di semafori.
L’uomo, dopo la denuncia (presentata insieme ad altri cinque colleghi) era stato accusato di diffamazione dalla società per la quale lavorava, in quanto aveva allegato all’esposto alcuni documenti aziendali.
Ma la Corte di Cassazione non ha ritenuto validi i motivi del licenziamento, affermando che “Non costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento l’aver il dipendente reso noto all’autorità giudiziaria fatti di potenziale rilevanza penale accaduti presso l’azienda in cui lavora né l’averlo fatto senza averne previamente informato i superiori gerarchici, sempre che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o dell’esposto”.
La Cassazione ha inoltre aggiunto che “va escluso, in punto di diritto, che il denunciare od esporre all”A.G. fatti potenzialmente rilevanti in sede penale sia contegno extralavorativo comunque idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, vuoi perché si tratta di condotta lecita e certamente non contraria ai doveri civili (è addirittura penalmente doverosa nelle ipotesi di obbligo di denuncia o di referto: cfr, artt, 361 ss. c.p.), vuoi perché il rapporto fiduciario in questione concerne l’affidamento del datore di lavoro sulle capacità del dipendente di adempiere l’obbligazione lavorativa e non già sulla sua capacità di condividere segreti non funzionali alle esigenze produttive e/o commerciali dell’impresa”.
Infatti, secondo la Corte, “Il lavoratore che produca in una controversia di lavoro copia di atti aziendali riguardanti direttamente la propria posizione lavorativa non viene meno ai doveri di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c.; infatti, da un lato la corretta applicazione della normativa processuale in materia è idonea a impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale, dall’altro, in ogni caso, al diritto di difesa deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di riservatezza dell’azienda, che nel caso di specie non risultano neppure allegate”.
“A maggio ragione, dunque – prosegue la sentenza-, il lavoratore può produrre tali documenti a corredo d’un esposto o di una denuncia penale, dovendo precostituirsi la dimostrazione di aver agito con cognizione di causa per evitare rischi di incriminazione per calunnia, a tal fine potendo non rivelarsi sufficiente la mera indicazione all’A.G. dell’esistenza dei documenti medesimi affinché provveda ad acquisirli (nel frattempo potrebbero venire distrutti od occultati)”.