TFR e Fondi Pensione
Necessariamente ci basiamo sul testo presentato dal governo, salvo rifare i conti, se il Parlamento apporterà rilevanti modifiche.
Il discorso è duplice, ma conduce alla stessa conclusione. Primo, vediamo cosa dicono i numeri, ragionando sulle nuove aliquote: l’imposta su interessi, rivalutazioni ecc. passa per il TFR dall’11 al 17% e per la previdenza complementare al 20%, dopo che era già stata elevata all’11,5% da luglio. C’è anche una piccola cattiveria del governo, perché l’aumento per il TFR scatta dal 2015, mentre nel secondo caso opera da inizio 2014. Infatti, non per merito dei gestori, ma per le buone sorti del mercato obbligazionario, quest’anno i fondi pensione dovrebbero rendere bene. Al che il governo si è detto: “Piatto ricco, mi ci ficco”.
Ma già solo per il futuro, per un giovane lavoratore con redditi medio-bassi e una permanenza di 30-40 anni in un fondo pensione o simile, il vantaggio fiscale complessivo si è ridotto all’osso. È sceso intorno allo 0,7% su base annua. Troppo poco, perché facilmente molto inferiore alla somma dei costi, palesi e occulti, dei prodotti della previdenza integrativa. Insomma, saldo netto negativo.
C’è poi il secondo punto. Tale modestissimo e ipotetico vantaggio poggia solo sulla minore tassazione finale. Ma che affidamento si può fare che non verrà anch’essa aumentata? L’attuale governo non si è sentito legato – e direi anche a ragione – alle decisioni dei governi del 2005-2006. Perché mai quelli in carica intorno al 2050 dovrebbero sentirsi vincolati a scelte di mezzo secolo prima?
Conclusioni: risparmiare sì, ma evitare ogni prodotto previdenziale. Soprattutto i giovani, per non parlare dell’imbroglio di chi addirittura consiglia ai genitori di intestare fondi pensione ai propri figli neonati.
E chi ha aderito, interrompa i versamenti. Al limite, avendone diritto, chieda il TFR in busta paga e l’investa in prima persona in cose sicure.